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NEGLI OCCHI DI UN GIORNO

"Una poesia che si fa luce con forza e passione sulla lastra di ghiaccio e titanio della coscienza comune del nostro tempo.
Karol Wojtyla, questo grande e santo atleta della fede cattolica, è da Ciro Ridolfini colto proprio nel suo essere viandante di perdono e di carità".

 

Silvio Mastrocola

 

PREFAZIONE DI SILVIO MASTROCOLA- La storia, un papa, un poeta

 

 

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HANNO DETTO DI LUI

... Genuino rappresentante dell'autentica universalità linguistico-espressiva napoletana, quella, cioè, non ancora contaminata dalla violenza consumistica e industriale. ...

Pier Paolo Pasolini     

 


...Nella poesia di C. Ridolfini l'attore prende sotto braccio il poeta per denunciare il soffocamento della vita. Da questo grido teatrale, alimentato da una sofferta tensione poetica, nasce un'autentica poeticità della parola.

Mario Persico     


...Ciro Ridolfini autentico e vero.

                                     Roberto De Simone

 


... Benedetto Croce dice che nella letteratura napoletana c'è sempre un intimismo ed in sostanza Napoli, dopo il 1799 non ha una grande letteratura, perché essa si racchiude tutta in se, in se stessa. D'altra parte anche nella sublime poesia di S. Di Giacomo, in quella di Russo o nella poesia di tutti gli altri poeti napoletani, c'è sempre il privato, c'è sempre l'amore per la donna, per le proprie vicende amorose, ma non c'è la poesia civile. E' difficile trovarla. [...] Vorrei ricordare una frase di Francesco Mario Pagano: "Solo l'impegno pubblico può rendere gli uomini eroi e li libera da tutto ciò che di meschino e di ridicolo c'è nel loro privato". A Napoli si è dovuto attendere Ridolfini per un impegno di poesia civile. [...] Io mi unisco ad Aldo Masullo nel dire che la poesia di Ridolfini è importante, che la poesia di Ridolfini si apre ad un afflato civile, ad un impeto civile, di cui tutti noi abbiamo bisogno. ...

Gerardo Marotta     

 


... Quelli di Ridolfini sono versi scolpiti, quasi graffiati nella pietra. Una pietra dura come la lava impietrata del Vesuvio. Quel Vesuvio che tanto colpì l'immaginazione di Leopardi. È chiaro che ogni poeta è figlio di tutti gli altri poeti. Non esiste un poeta assolutamente autonomo. Diceva Platone che solo il pazzo crea il proprio linguaggio ed è felice, anche perché lo comprende lui solo. Il poeta invece è figlio, fenomenologicamente, del tempo in cui si trova a vivere e spira le sensazioni e le istanze poetiche del suo tempo. Ridolfini è innanzitutto un poeta con la p maiuscola; talento notevole, sorta d'imbuto di tutto il nostro Novecento.
Nella sua poesia avvertiamo, a volte, i ritmi di Ungaretti, altre volte la morbida dolcezza di Saba, altre volte le graffianti parole di un Sandro Penna, altre volte ancora quelle del poeta che gli è più vicino, a mio avviso, del Novecento italiano, Pasolini. Questi come emblema stesso di una trasformazione sociale, culturale. In negativo. Un Pasolini delle "piccole patrie", per dirla con Enzo Siciliano, che avverte drammaticamente la morte di queste piccole patrie. Ridolfini avverte invece, drammaticamente, la morte di una grande patria, Napoli. Naturalmente vengono subito in mente altri poeti che hanno parlato della propria città. Vengono in mente le parole di La Capria o quelle di Domenico Rea. Ma Ridolfini, forse, riesce a superare anche questi straordinari "compagni di viaggio", in quanto egli è più moderno, perché ha vissuto e vive, sulla sua pelle, con una sensibilità delicata, il rapporto con la sua città. Se in Viviani la rabbia nasceva dal di dentro, come rabbia, a volte umorale, quella di Ridolfini è una rabbia dolce, che monta dal profondo di una sensibilità delicata, che conosce però tutti i segni più riposti che la lingua, la gestualità e l'immaginazione possono offrire. ...

Silvio Mastrocola