"SALVATORE DI GIACOMO POETA E..."

www.ciroridolfini.it

 

NAPOLI NOSTRA     Agosto 1973

Da Castellammare Di Stabia

Salvatore Di Giacomo Poeta

Come al solito, quando la situazione teatrale della metropoli diventa caotica, è dalla provincia che ci vengono le lezioni di impegno, di serietà, di buon gusto: le lezioni di teatro.
Abbiamo assistito ad una rappresentazione del C.A.T. (Centro Attività Teatrali) del Circolo Artistico di Castellammare di Stabia, impegnato in un recital su Salvatore Di Giacomo, recital che, nello svolgersi di due tempi, acquista una veste spettacolare di volta in volta scoppiettante e spietatamente umana; ebbene noi, che già avevamo sentito parlare in termini entusiastici di questo gruppo, ci siamo dovuti render conto di trovarci di fronte ad un fatto talmente importante da non esitare minimamente ad affermare che questi giovani, con questo teatro, faranno certamente parlare di sé. E, mai come adesso, ci sentiamo facili profeti.
La precisione del linguaggio lirico, i colori, le immagini di una Napoli non da clichè, la rappresentazione tragica della commedia umana napoletana, parametri della attualità poetica di Di Giacomo, sono resi in maniera precisa e convincente. E la denuncia, in epoca non sospetta, dei dolori, delle sofferenze, delle ingiustizie subite da questo popolo nobilissimo, i termini di protesta sono elevati attraverso la trasfigurazione lirica digiacomiana, a fatto d'arte.
Si parla troppo di teatro moderno e si recitano e si scrivono cose ignobili nel nome comodo di questo modernismo. Abbiamo visto e ci siamo resi conto di come può diventare attuale, scottante, preciso, bello un grande poeta, figlio di un'epoca lontana.
Evidentissimo lo studio effettuato con profonda passione dal regista Ciro Madonna e dagli attori, veramente eccezionali, Italo Celoro, Piero Pepe, Ciro Ridolfini e Camilla Scala.

   

Gli elaborati musicali, sobri e competenti, sono di Enrico Forte.
Lo spettacolo si terrà ancora il 4 e il 5 agosto di nuovo a Castellammare di Stabia e alla Certosa di Capri a data da destinarsi. E' superfluo dire che lo consigliamo vivamente.

Domenico Rea



L'UNITA'     Sabato 22 Marzo 1975

Il CAT all'«Instabile»

Salvatore Di Giacomo

          
Da sinistra: Ciro Ridolfini, Piero Pepe, Italo Celoro, Camilla Scala

Si esibisce in questi giorni al Teatro Instabile,' in Via Martucci, riscuotendo calorosissimo successo, il gruppo di attori e cantanti di Castellammare di Stabia guidato da Ciro Madonna e già noto per avere allestito, quattro o cinque anni fa, un ottimo recital di Viviani. Il «Di Giacomo » che questi giovani ed entusiasti attori presentano, attraverso un collages di versi e di canzoni, punta particolarmente sugli aspetti realistici della poesia digiacomiana, con una scelta di testi nei quali circolano le idee sociali e la «protesta» meridionalista, idee e meridionalismo che in verità, in don Salvatore si tingono di un rosa assai sbiadito.
Pure, ad esempio, «O' Funneco verde» rimane un grido autentico, una esclamazione di sdegno che giustamente gli attori stabiesi hanno voluto mettere come distico all'inizio del  loro spettacolo. Accanto al Di Giacomo poeta realista (ma sarebbe più preciso dire  verista) c'è il poeta dell'amore, degli affetti stanchi, delle amarezze e delle delusioni, che è forse il filone in cui il poeta trova la maggior vena espressiva e la sua più alta misura di stile: «Amalia 'a Speranzella», « L' uva 'e contrattiempo », « A cchiù meglia farenare », «Lettera amirosa » «'Ncopp 'e cchianche 'a Carità», «Carcioffolà», «Mena me...» e tante altre canzoni e poesie, in cui circola, accanto all'abbandono agro-dolce dei sentimenti e dei risentimenti, una sensualità sottile, come uno slancio erotico rientrato.
Gli attori, tutti giovani e tutti in grado di cogliere l'intimo spirito dell'arte digiacomiana, recitano e cantano le sue poesie adeguandosi di volta in volta alle sfumature contenutistiche e alle sottili variazioni di umore del poeta. Tipico, in questo senso, il modo come Italo Celoro esegue la celebre «Serenata scumbinata»: macchietta difficile perché sul filo del più vieto folclorismo, che l'attore riscatta dandole un contenuto grottesco, amaro e disperato.
La prima parte dello spettacolo riunisce componimenti ispirati al mondo della strada, e la scelta è coerente fino alla poesia «A San Francisco», cade invece, e diventa pesante, e sproporzionata  all'economia dello spettacolo, che fino a quel punto procede logico e spigliato, con «'O munasterio», un poemetto di gusto assai dubbio e per di più interminabile, che rompe il ritmo fino a quel momento molto sostenuto.
La ripresa invece è più varia e molto più gustosa, puntando, come fa, sulle canzoni (alcune delle quali abbiamo già citato) le più note e sperimentate e concludendo con l'incantevole «Era de maggio», che chiude lo spettacolo. Manca, nella scelta generale, il Di Giacomo paesistico e lirico, anche se qua e là vi è qualche accenno. Comunque l'insieme è organico e criticamente plausibile, anche tenendo conto che il regista più che presentare un’ antologia completa dell'opera di Di Giacomo (nel qual caso non avrebbe potuto ignorare certe prose, certi racconti e anche qualche brano tratto dalle sue «Cronache»), ha voluto allestire uno spettacolo di piacevole ascolto. Naturalmente principali artefici del successo sono i giovani interpreti, attori e cantanti . Essi sono ormai padroni della scena, come attori sperimentatissimi: cantano e recitano infatti con naturalezza e con  gusto. Camilla Scala ha un cipiglio energico e una voce calda e intonata; Anna Spagnuolo è fresca, spontanea e popolaresca e s'avvale  di un mezzo vocale di notevole vigore. Italo Celoro è attore smaliziato, sicurissimo dei propri mezzi d'espressione e molto duttile; Piero Pepe canta anch'egli con gusto e recita con molta misura. Ciro Ridolfini, il più appassionato ed impegnato, l'anima dei cinque, ha uno stile di recitazione di una efficacia assoluta. Da citare Enrico Forte, il pianista che commenta musicalmente tutto lo spettacolo. Del grande successo abbiamo già detto. Lo spettacolo si replica fino al 30 marzo.

 

Paolo Ricci